Resoconto campo Pollino, seconda parte

Resoconto campo Pollino, seconda parte

In gran parte del Parco nazionale del Pollino non ci sono sentieri segnalati, per questo non è consigliato fare escursioni senza un accompagnatore esperto.

Lunedì 1 giugno – Giardino degli dei

Colazione alle sette e subito si parte ma anche questa mattina qualcuno rallenta i nostri ritmi. Ci rendiamo conto di essere in un mondo meno frenetico delle nostre città, e infondo non ci di disturba più di tanto aspettare che un camion scarichi la sua merce nel bel mezzo dell’unica via che attraversa Viggianello.
Arriviamo in macchina al Santuario della Madonna del Pollino, alle nove il sole è già alto ma siamo a 1500 metri e l’aria fresca ci invita a coprirci e partire per il sentiero che sfiora il rifugio della Madonna del Pollino (dove avevo provato inutilmente a contattare per pernottare, ma si intuiva che era chiuso da anni). Lungo questo sentiero, della salita del lupo, si attraversa una delle più belle faggete secolari inframmezzata da grandi esemplari di abete bianco. In estate è difficile trovare tracce di lupi ma quando il suolo è coperto di neve i lupi scelgono come ricovero proprio gli abeti che con la loro fitta chioma tengono lontana la neve dalla loro base.

Narcisi, Narcissus poeticus

Narcisi, Narcissus poeticus

Risaliamo la vecchia mulattiera fino al Piano di San Francesco dove un profumo intenso ci coglie di sorpresa, sono i narcisi che con i loro fiori bianchi coprono buona parte della radura. Anche questo è un passaggio storico di lupi ma oggi non abbiamo trovato nessun segnale.

Asphodelus microcarpus

Asphodelus microcarpus

Si entra di nuovo in faggeta ma già sulla cresta di Serra Crispo si intravedono le sagome dei monumentali pini loricati che ci attraggono inevitabilmente verso la vetta. Prima di arrivare negli altipiani è d’obbligo il rifornimento d’acqua alla sorgente Pittacurt dove scorre acqua molto fredda. Da qui ormai si sente il profumo dei pini e in pochissimo tempo ci immergiamo nella più grande concentrazione di alberi maestosi che ricoprono l’intera serra.

Pini loricati. Pinus leucodermis

Pini loricati. Pinus leucodermis

Le serre sono cime di montagne allungate più o meno alla stessa altezza, Serra Crispo è la più lunga di tutto il massiccio e si estende per diverse centinaia di metri. E’ coperta da molti pini loricati ultracentenari. L’emozione è forte e il paesaggio incredibilmente bello. Vediamo di fronte le Gole del Raganello e il Mar Ionio, a destra il Pollino e il Dolcedorme, a sinistra la grande diga di Monte Cotugno e il Golfo di Taranto alle nostre spalle Monte Alpi e Monte Sirino. Tutto ciò che riusciamo a scorgere con il nostro sguardo a 360 gradi è il Parco nazionale del Pollino, il più esteso e il più selvaggio d’Italia. Chi arriva qui per la prima volta non ha il tempo di farsi prendere dalla stanchezza delle cinque ore di salita o dal bisogno di mangiare ma resta incantato dalla particolarità di questo luogo, che non a caso si chiama il Giardino degli Dei.

Pino loricato. Pinus leucodermis

Pino loricato. Pinus leucodermis

Infatti sono quasi le due e ancora nessuno ha tirato il cibo fuori dallo zaino e anche quando la fame arriva con i panini in mano continuiamo a girare con il naso all’insù stregati dal fascino dei grandi alberi. Ogni albero è un monumento naturale dal quale non vorremmo allontanarci ma ormai è ora di prepararci per il ritorno. Salutiamo questo paradiso con la promessa di ritornarci quanto prima. L’incanto ci ha fatto dimenticare persino il nostro obiettivo primario, il lupo.

Impronta di lupo

Impronta di lupo

Ci spostiamo verso la Grande Porta, spiego a tutti che lì le tracce dei lupi potrebbero esserci in quanto si tratta del valico più basso che unisce Calabria e Basilicata e dove molti sentieri si incrociano risalendo da entrambi i versanti. Non a caso si chiama Grande Porta, si tratta di una insenatura che separa Serra Crispo da Serra delle Ciavole, che unisce le grandi faggete lucane con quelle calabresi e che con un grande solco indica il confine dei pascoli delle Ciavole con quelli dei piani rocciosi di Serra Crispo. Insomma l’ombelico del Pollino da dove è possibile osservare tante piste lasciate dagli animali che si dirigono verso le sorgenti, le vette, i boschi e la Fossa del lupo. In caso di accampamento è qui che bisogna fermarsi.

Impronte di lupo

Impronte di lupo

Istintivamente cerchiamo i segni nella neve, che nel versante nord ancora resta al suolo, ma a parte qualche vecchia impronta nulla ci fa pensare a un loro recente passaggio. Poi la chiamata di Fabio, che come un segugio ha fiutato un escremento poco lontano sulla parete del solco, scavato dallo sciogliersi della neve, e subito dopo le impronte nell’argilla ancora bagnata.

Fabio analizza il contenuto degli escrementi di lupo

Fabio analizza il contenuto degli escrementi di lupo

Finalmente tracce fresche e inequivocabili che ci hanno indirizzato tutti sul posto scoprendo che in pochi metri quadrati c’erano almeno dieci di escrementi. Abbiamo istintivamente ampliato la ricerca e poco distante tra i germogli e i vecchi steli di alcune piante di genziana lutea vi erano altrettanti escrementi.

Piccole ossa sono la conferma che si tratta di Canis lupus

Piccole ossa sono la conferma che si tratta di Canis lupus

In quel momento siamo tutti ritornati ricercatori e abbiamo dedotto che in quel punto si concentrano diversi lupi, infatti le impronte andavano in tutte le direzioni, anche verso la storica Fossa del lupo. Con le nostre macchine fotografiche abbiamo ripreso ogni particolare e di tanto in tanto ci guardavamo intorno, ci sentivamo osservati. I lupi non li abbiamo visti ma di sicuro erano lì a controllare questo luogo così importante, questa Grande Porta dove ogni branco segnala il confine del proprio territorio.

Escrementi di lupo alla Grande porta del Pollino

Escrementi di lupo alla Grande porta del Pollino

Ho sempre trovato tracce di lupi in questo posto e ho quindi dedotto che delimita il confine di due branchi, ma la concentrazione così elevata di segni mi ha fatto supporre che forse trattasi del confine di più branchi. Non ho prove, ma conoscendo il territorio e ipotizzando la distribuzione dei branchi nel massiccio, mi sembra possibile o almeno mi piace credere che tre o forse quattro famiglie comunicano attraverso i loro segni proprio qui nell’ombelico del massiccio del Pollino.

Narcissus poeticus

Narcissus poeticus

Appagati da tanta abbondanza di segni ci siamo messi sulla via del ritorno senza rinunciare a qualche scatto fotografico alle tante orchidee, ai narcisi e alla carcassa del grande pino loricato purtroppo bruciato da qualche “sciagurato” in una notte di fine estate di molti anni fa.

Dactylorhiza sambucina

Dactylorhiza sambucina

Sulla cresta di Serra delle Ciavole abbiamo visto in lontananza alcuni grifoni che dalle Gole del Raganello risalivano volteggiando sugli altipiani in cerca di cibo. Anche oggi si è fatto tardi, difficile staccarsi da questo paesaggio incantato, dobbiamo rientrare in fretta e ancora prima del tramonto siamo di nuovo alle nostre macchine. Dopo cena abbiamo continuato a parlare di lupi, con racconti e immagini per descrivere come vivono in questa terra di pastori e di contadini.

Martedì 2 giugno – Gole del Raganello
Lasciamo l’albergo per dirigerci verso un altro paesaggio importante del Pollino. Siamo nel versante calabrese del Parco nazionale del Pollino, precisamente a Civita nelle Gole del Raganello. Siamo a circa 300 metri s.l.m ma il torrente Raganello nasce ai piedi della Grande Porta del Pollino a quasi duemila metri. In così poca distanza l’acqua che scende a precipizio ha scavato gole profondissime che si possono vedere solo seguendo il suo percorso, equipaggiati di muta e corda. La stretta valle vista dal belvedere di Civita consente di osservare a ovest le cime dell’intero massiccio che segnano il confine regionale, a sud la serra del Dolcedorme, a nord le timpe della Falconara e di San Lorenzo alle nostre spalle il mare. All’interno del piccolo bacino il meraviglioso bosco della Fagosa attorniato da querceti e macchia mediterranea e in qua e là da piccoli allevamenti e da appezzamenti coltivati. In questo territorio, che non raggiunge i 100 km quadrati, si trovano solo tre piccoli centri abitati Civita, Cerchiara di Calabria e San Lorenzo Bellizzi e tutti insieme non superano i quattromila abitanti.
Un parco nel parco dove da sempre vive uno dei branchi storici dei lupi del Pollino che può contare su abbondanza di cibo e facilità di controllare il territorio. Sicuramente tra gli escrementi trovati alla Grande Porta vi erano anche quelli del branco del Raganello che forse anche oggi da lassù continuano a controllare i nostri spostamenti.
Il caldo delle ore centrali del giorno si fa sentire e ci ricorda che il nostro viaggio è giunto al termine. Decidiamo di rientrare a Civita a rifocillarci nel tipico ristorante della piazza. Gli ottimi prodotti locali e un buon bicchiere di vino sono gli ingredienti ideali per scambiarci i saluti con la promessa di ritrovarci al più presto in questa terra selvaggia e aspra ma al tempo stesso incantevole, la “terra dei lupi”.

Grazie a Fabio, Patrizia, Elena, Viola, Nanda, Maurizio, i due Nicola, Daniele, Alberto, Gabriele, Enzo e Stefano per aver partecipato a questa avventura e grazie a Canislupus Italia che mi ha dato l’opportunità di poter condividere la passione per la mia terra, il Pollino, e per il lupo.

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